Ritorna l’incubo di Trump, nuovi documenti sul russiagate

Lo spettro del Russiagate incombe sempre di più sulla presidenza Trump. Dopo la condanna a 3 anni del suo avvocato Michael Cohen, ora «gola profonda» del procuratore generale Robert Mueller, il presidente rischia un nuovo colpo alla sua credibilità a causa di un rapporto molto dettagliato che analizza i milioni di messaggi, video e commenti postati sui maggiori social network da parte di agenti russi. I documenti saranno analizzati da una commissione bipartisan della Camera alta che pubblicherà le proprie conclusioni alla fine della settimana.

Il rapporto – Il laboratorio di analisi computazionale della propaganda dell’università di Oxford e l’azienda di analisi dei dati Graphika, hanno passato al setaccio i messaggi riconducibili all’Internet Research Agency, un’azienda di San Pietroburgo già sotto processo per interferenza nelle elezioni presidenziali del 2016. I dati provengono da Facebook, Google, Instagram, Youtube e Twitter e si fermano alla metà del 2017 quando le compagnie hanno agito aggressivamente contro le ingerenze russe. «Tutti i messaggi sono chiaramente orientati a beneficio del partito repubblicano e dell’allora candidato Donald Trump la cui campagna elettorale venne supportata e incoraggiata», queste le conclusioni dei documenti destinati al comitato d’intelligence del Senato.

La strategia – Oltre ai metodi e agli strumenti, il rapporto analizza anche la strategia politica alla base delle azioni dei russi. Progettata nel 2009, l’interferenza sulle piattaforme social statunitensi è iniziata nel 2013 su Twitter e nel 2014 contava già centinaia di profili falsi anche su YouTube e Instagram. Il vero passo avanti è però avvenuto su Facebook, dove è possibile indirizzare i messaggi pubblicitari verso specifici gruppi di persone. Gli agenti dello spionaggio russo hanno quindi aperto diverse pagine come “Army of Jesus” (l’armata di Gesù), “Being Patriotic” (essere patriottici) e “Heart of Texas” (il cuore del Texas) per comunicare direttamente con le frange più estreme del partito repubblicano che oggi formano la base più salda dei sostenitori di Trump.

I numeri – Le pagine più popolari hanno messo insieme 39 milioni di like, 31 milioni di condivisioni e 4 milioni di commenti per un totale di quasi 150 milioni di utenti unici raggiunti. Molto scarso è stato l’aiuto agli investigatori da parte dei responsabili dei social network:  molti dati sono stati incompleti e in ritardo. Una maggiore tempestività avrebbe permesso individuare prima alcuni errori grossolani degli agenti russi come l’utilizzo del rublo come metodo di pagamento per le inserzioni o l’utilizzo di diversi numeri di telefono russi.

Le conseguenze – Per i prossimi 2 anni i democratici, almeno sulla carta, non hanno i numeri per intentare una procedura di impeachment contro il presidente Trump e le ultime elezioni hanno lentamente sostituito i senatori repubblicani più moderati con fedelissimi del presidente. Un’accusa diretta di collusione con l’intelligence russa rivolta a Donald Trump potrebbe però cambiare le carte in tavola. Prima l’ammissione di colpa del capo della sua campagna elettorale Paul Manafort, poi la condanna dell’avvocato personale del presidente da più di 20 anni Michael Cohen e ora questo rapporto stanno dando al procuratore generale Robert Mueller la possibilità di coinvolgere nell’inchiesta l’inquilino della casa Bianca. Questa eventualità potrebbe essere sfruttata dagli avversari di Trump, se non per avviare una procedura di impeachment, almeno  per ostacolare una rielezione.

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